Acentrismo: fondamento filosofico di una téchne della trascendenza
Nel panorama dell’arte contemporanea, l’Acentrismo teorizzato da Mya Lurgo si configura come un’esperienza estetica e filosofica radicale, che ridefinisce l’essenza stessa del fare artistico. Non si tratta di uno stile né di una corrente, bensì di un approccio operativo, un processo di disidentificazione dalle strutture egocentriche che tradizionalmente governano l’atto creativo.
L’Acentrismo è distacco da ogni centralità identitaria, sospensione delle dinamiche autoaffermative che riducono l’opera a proiezione dell’io, talvolta a una forma di arte-terapia. Si presenta come téchne della liberazione interiore, dissolvendo la separazione tra soggetto e oggetto, artista e opera, visibile e invisibile. Non nega il centro: lo moltiplica all’infinito, rifiutando la circonferenza come limite formale e mentale. Questa visione riecheggia il principio ermetico-neoplatonico:
«Dio è una sfera intellegibile, il cui centro è ovunque, la circonferenza in nessun luogo».
L’artista acentrico non si pone al centro dell’opera né la delimita con perimetri di controllo. Si apre, invece, a un centro diffuso, coincidente con ogni punto in cui l’Immateriale decide di manifestarsi.
In questa prospettiva, l’arte diventa epifania dell’invisibile: ciò che emerge quando l’ego si ritira, lasciando spazio a una coscienza impersonale, silenziosa, superconscia.
L’Acentrismo è l’assenza di una circonferenza egoica: è l’abbandono del sé come riferimento univoco, l’apertura a ciò che eccede e trascende ogni identità. Mya Lurgo articola tale visione attraverso quattro fasi operative – pittura, light art, digital art, video-installazione – che non rappresentano un’evoluzione tecnica, ma le tappe di un itinerario interiore: stadi di affinamento percettivo e spirituale, in cui l’artista si spoglia del personale per farsi veicolo del senza-forma.
L’Acentrismo si manifesta così come una ontologia del vuoto fecondo, dove l’opera non nasce da intenzione, ma da abbandono ricettivo. L’artista cessa di essere autore per diventare canale, punto di passaggio in cui l’invisibile si condensa in forma. In questo stato, l’arte si fa liturgia impersonale: rito laico attraverso cui il trascendente irrompe nel visibile. Lasciar accadere significa permettere all’Idea di compiersi, di collassare da onda a particella: dalla potenza all’apparizione. Non è l’artista a plasmare l’opera, ma l’opera a trasformare l’artista, dissolvendone i confini. Il gesto creativo si converte in un atto di resa.
In definitiva, l’Acentrismo è un invito alla trasparenza dell’essere, all’arte come rinuncia creativa dell’io per favorire una comunicazione–comunione con l’Immateriale: quell’infinito che ci anima, ci precede e ci attraversa. Ogni atto creativo è atto di ascolto, servizio e co-creazione con il non manifesto.
Questo impianto filosofico e operativo dell’Acentrismo si è, negli anni, ulteriormente evoluto attraverso lo studio approfondito del Manifesto di Yves Klein – una svolta che ha dato origine a un nuovo ciclo creativo intitolato Out of the Blue. In questa fase, il dialogo con l’Immateriale si è fatto più intenso, esteso nel tempo e nello spazio, anche attraverso sogni lucidi, ampliando l’Acentrismo verso un’esplorazione sincretica del colore, dell’immateriale astrale e del simbolismo iniziatico.
Successivamente, questo processo è maturato in quella che Mya Lurgo definisce ARTE DELLO SPIRITO: un approccio creativo che trascende l’opera stessa, diventando al tempo stesso meditazione, contemplazione, visione e creazione. Qui l’atto artistico si configura come percorso integrato, attivo tanto sul piano materiale quanto su quello immateriale, attraverso l’Io Sono, inteso come entità supercosciente e devota al Piano e alla Mente che dà origine e senso a ogni cosa.
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